Per capire quello che è accaduto - almeno nella provincia di Roma - è necessario considerare alcuni elementi:
- con la gestione privata di Acea, ogni anno i cittadini pagano più di 70 milioni di euro di "remunerazione del capitale", ovvero di profitti per la società; se vi fosse una gestione pubblica questi soldi sarebbero oggi disponibili per interventi immediati;
- la presenza dell'Arsenico è ben nota fin dal 2003/2004, quando entrò in vigore la legge sulla qualità dell'acqua. Da allora Acea ha solo presentato la lista delle "buone intenzioni", che tecnicamente si chiamano "piani di rientro", chiedendo deroghe su deroghe. Oggi i nodi vengono al pettine...
- in questi anni l'informazione per la popolazione è stata confusa e poco trasparente. In una nota diffusa lo scorso anno si diceva genericamente che esisteva una deroga, senza specificare quali sono i rischi per la popolazione. Acea non ha mai diffuso sul suo sito o sulle bollette i dati sulla qualità dell'acqua;
- i comitati che denunciano da anni il problema venivano tacciati di allarmismo. Oggi è la Commissione europea a dire come stanno le cose, e tutti tacciono;
- è scandaloso che la Regione Lazio non dica ancora nulla, non presenti pubblicamente un piano di emergenza...
Possibile che al momento della richiesta di deroga non abbiano pensato a cosa fare se veniva respinta?
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