Per capire il pasticciaccio occorre saper distinguere tra acqua buona e acqua cattiva. La holding romana Acea - quotata in borsa dalla fine degli anni '90 - ha la gestione dell'ambito idrico più grande d'Italia, che corrisponde sostanzialmente alla provincia di Roma. Ed è in questo territorio che abbiamo un'acqua di serie a e un'acqua di serie b: abbiamo gli acquedotti, con una qualità considerata superiore a molte altre zone del paese. E abbiamo i pozzi delle zone fuori dal raccordo anulare, spesso gestiti da signorotti dell'acqua locali, con una qualità spesso ai limiti - o anche oltre - della legge. Acque che Acea ogni giorno miscela, manovra, sposta da un tubo ad un altro, cercando di mantenere livelli di arsenico sotto quei parametri che annidi deroghe regionali gli hanno permesso.
Massimo Sessa |
Ma il vero nodo è a monte, è nell'acquedotto che serve decine di comuni al sud di Roma, il Simbrivio, la cui gestione è stata affidata alla holding romana nel 2003. Condotte che, secondo diversi esperti, non riescono a fornire acqua di serie a, a causa di perdite con percentuali a due zeri. Un'opera monumentale, nata negli anni '20 e gestita dai comuni fino a sette anni fa, che avrebbe oggi bisogno di manutenzioni probabilmente radicali. Come radicali dovrebbero essere gli interventi nelle reti cittadine, che non sono più in grado di assicurare acqua di qualità alla popolazione cresciuta dopo una forte migrazione dalla capitale.
Oggi il consorzio del Simbrivio è in fase di liquidazione, pronto a chiudere definitivamente l'esperienza quasi secolare di gestione pubblica delle acque a sud di Roma. Il prefetto di Roma nel 2007 ha nominato un collegio commissariale, che si riunisce in via Pascarella 31, a Roma. Non sappiamo cosa sia stato stabilito stabilito nel decreto prefettizio, visto che l'ufficio stampa della prefettura di Roma «non ritiene opportuno rilasciare notizie in questo momento». Dal bilancio, però, scopriamo che il commissario straordinario perla liquidazione - ovvero per la delicata fase di chiusura della gestione pubblica - è Massimo Sessa. Ingegnere amico di Angelo Balducci, intercettato dai Ros mentre si adoperava per aiutare Camillo Toro, figlio del procuratore aggiunto di Roma, a migliorare la sua posizione in Acea, Sessa ha anche altri moli nella vicenda delle acque romane.
Nel 2005 ci si accorse che nei comuni serviti - diciamo così - dal Simbrivio vi era un alto tasso di arsenico. Serviva un commissario, qualcuno in grado di imporsi sul consorzio, su Acea, sui comuni, sulla regione, qualcuno con polso fermo e al di sopra delle parti. Ovvero Massimo Sessa, che oggi ha la doppia carica di commissario, all'emergenza e alla liquidazione del consorzio dell'acquedotto. E visto che il commissario è lo stesso, anche l'ufficio coincide: il commissario nominato da Berlusconi nel 2005 per risolvere il problema dell'arsenico ha la sua sede in quella stessa - e affollata, come vedremo - via Pascarella, sempre al civico 31. Doppia carica riveste anche il vice cotnmissario del Simbrivio. Marco Mattei è oggi assessore all'ambiente della regione Lazio, dopo essere stato per dieci anni sindaco di Albano, uno dei principali comuni servizi dall'acquedotto. «Ci occupiamo solo della liquidazione», spiega l'assessore, che ritiene che non vi sia conflitto d'interesse nella doppia carica rivestita. Il 21 dicembre scorso la stessa regione Lazio ha concesso, però, una nuova derivazione idrica - ovvero l'uso di una nuova sorgente - al consorzio del Simbrivio, per una portata di 360 litri al secondo. E la fonte del Pertuso, che alimenta l'Aniene, fiume che da tempo soffre una crisi idrica denunciata da tempo dai comitati della zona. La concessione è stata fortemente voluta da Massimo Sessa, nella sua veste di commissario di governo per l'emergenza idrica, per poter aumentare l'acqua da destinare ai castelli romani. Ovviamente il commissario del Simbrivio era d'accordo, così come l'assessore all'ambiente della regione - ovvero il suo vice - non ha avuto nulla da obiettare. Poco importa se la concessione viene data ad un consorzio che di fatto non c'è più: «si apre de facto la liquidazione della gestione del Consorzio con le comunicazioni di rito alla Camera di Commercio», scriveva Massimo Sessa nella relazione sulla gestione del bilancio del 2009, qualche mese prima di ricevere la nuova concessione idrica. Forse alla regione Lazio nessuno ha detto che quel consorzio è ormai un fantasma. E a chi, dunque, viene in realtà dato l'uso della sorgente del Pertuso? Di sicuro quell'acqua la gestirà Acea, pronta a venderla a più di un euro al metro cubo nella zona dei castelli romani, dove l'emergenza arsenico ha convinto tutti i sindaci - ovvero gli antichi soci dell'acquedotto del Simbrivio - a ritenere il nuovo prelievo dell'acqua l'unica soluzione possibile.
Al «pasticciacelo de Via Pascarella» manca l'ultimo pezzo, il controllore. La legge Galli prevede che in ogni ambito idrico vi sia un organismo tecnico deputato a fare le pulci a chi gestisce l'acqua. La sede di quello romano è sempre al civico 31. Anche in questo caso l'ufficio è un sorta di duplex, visto che uno dei dirigenti della segreteria tecnica operativa - il controllore del sistema idrico - Massimo Patemostro siede anche lui nel collegio commissariale di liquidazione del Simbrivio. Ma forse per questo gruppo di ingegneri e amministratori tutto questo è semplicemen; te «ottimizzazione delle risorse».
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